Quando il mondo del vino incontra… quello dell’occhio!
Non serve aver alzato troppo il calice per confondersi: uva, uvea, uveite… suonano tutte molto simili, eppure, solo una di queste si può bere (con moderazione!). Le altre due appartengono al meraviglioso, e a volte bizzarro, linguaggio dell’anatomia oculare.
L’uva… dentro l’occhio?
Sì, in un certo senso!
La parola “uvea” deriva proprio dal latino uva, cioè grappolo d’uva. Gli antichi anatomisti, osservando la parte interna dell’occhio, notarono che una struttura aveva una forma e un colore simile a quello dell’uva nera matura — e decisero, con la loro fantasia un po’ poetica, di chiamarla appunto uvea.
Ma che cos’è l’uvea?
L’uvea è una delle tre membrane principali che formano la parete dell’occhio, insieme alla sclera (la parte bianca) e alla retina (la parte interna, dove si formano le immagini).
È lo strato intermedio, quello più ricco di vasi sanguigni, e si divide in tre parti:
- Iride – la parte colorata dell’occhio, quella che regola quanta luce entra.
- Corpo ciliare – una struttura che produce il liquido interno e aiuta il cristallino a mettere a fuoco.
- Coroide – una sottile membrana che nutre la retina.
Insomma, se il tuo occhio fosse una bottiglia di vino, l’uvea sarebbe la parte più “corposa”, quella che dà colore e vitalità al tutto!
E l’uveite? No, non è un vino pregiato!
Il nome inganna, ma no, l’uveite non è il nome di una nuova etichetta di Barbera né una grappa artigianale. È una malattia infiammatoria dell’uvea, che può colpire una o più delle sue componenti.
Può essere causata da infezioni, malattie autoimmuni o traumi, e i sintomi più comuni sono:
- arrossamento dell’occhio,
- dolore,
- sensibilità alla luce,
- vista offuscata.
Per fortuna, si tratta di una condizione trattabile, ma che va diagnosticata e curata tempestivamente da un oculista: l’infiammazione, se trascurata, può compromettere la vista.
Curiosità terminologica:
Il suffisso -ite in medicina indica “infiammazione” (come in bronchite, otite, artrite…). Quindi, “uveite” significa letteralmente: infiammazione dell’uva! — che, detta così, sembra quasi una malattia da vendemmia!
Un nome che racconta la storia della medicina
La scelta di usare il termine “uvea” non è casuale:
nell’antichità, gli anatomisti descrivevano gli organi in base alla forma e al colore.
L’uvea, scura e morbida, ricordava il chicco d’uva; il cervelletto sembrava “piccolo cervello” (cerebellum); la pupilla, invece, significa “piccola bambola” (perché vi si riflette l’immagine di chi guarda).
Insomma, tra l’occhio e la lingua latina c’è sempre stato un legame di poesia… e di buona osservazione.
Dunque, riassumendo:
- Uva – frutto delizioso, buono da mangiare (e da bere).
- Uvea – parte interna dell’occhio, vitale per la vista.
- Uveite – infiammazione dell’uvea, da curare con attenzione.
Tre parole, un solo filo conduttore: l’occhio.
Perché, alla fine, anche il linguaggio — proprio come la vista — ci aiuta a scoprire i legami nascosti tra le cose.
E chissà, forse la prossima volta che guarderai un grappolo d’uva al sole, noterai come quegli acini lucenti ti guardino indietro… un po’ come se anche loro avessero un’iride!