Se in questo contesto si parla di rètina, ovviamente si intende quella sottile membrana interna all’occhio che ha l’importante compito di trasformare le immagini in impulsi nervosi che il nervo ottico trasmette poi al cervello.
Non si intende quindi parlare della retina, il diminutivo di rete e quindi senza l’accento sulla prima sillaba, la piccola rete che usavano (o forse usano ancora) le donne, ma anche gli uomini, per contenere i capelli durante la notte e risvegliarsi con l’acconciatura impeccabile.
Più un generale, la rete è quell’arnese di filo o di fune fatto a maglia per catturare uccelli, pesci, animali selvatici: tecnica di caccia, chissà, forse presa a prestito dai ragni, abili tessitori di ragnatele.
I termini spesso vengono presi a prestito per indicare altri oggetti o altri concetti, e si evolvono o cadono in disuso. Magari non ricordiamo più le reti dei letti su cui si appoggiavano i materassi, prima delle doghe, ma se sentiamo l’esclamazione “Rete!” siamo sicuri che si tratta di un goal: sì, quell’evento nel quale un oggetto sferico con una circonferenza tra 68 e 70 centimetri (denominato pallone) entra in una porta del gioco del calcio.
Ma tornando a parlare di rètina, ponendo l’accento proprio sulla prima sillaba, si possono intendere anche i display Rètina. Si tratta di particolari schermi che hanno una densità di pixel (i singoli puntini dello schermo) tale da renderli impercettibili all’occhio umano, aumentando quindi la nitidezza delle immagini, al fine di avvicinarsi sempre più alla vista reale.
In effetti non sembra che questi schermi abbiano molto a che fare con la rètina vera e propria, come invece sono le sempre più promettenti ricerche scientifiche per la realizzazione dell’occhio bionico.
Qualcuno ricorderà il telefilm dell’uomo bionico dei primi anni 80, l’uomo da sei milioni di dollari, che aveva appunto un occhio bionico, oltre ad un braccio e le due gambe. Un occhio che, oltre ad avergli ripristinato la vista normale, gli permetteva di vedere al buio e di disporre di un eccellente zoom.
Era stata una notizia di metà 2020, secondo la quale degli ingegneri ricercatori della Hong Kong University of Science and Technology avrebbero già realizzato una protesi visiva ispirata del tutto alla retina umana. Anche se ancora un prototipo a bassa risoluzione, i ricercatori ipotizzavano che una protesi utilizzabile sarebbe potuta essere disponibile in circa cinque anni.
Natura e tecnologia quindi si incontrano, l’una prende a prestito dall’altra e viceversa, fino ad intrecciare una sempre più fitta rete di contatti e di informazioni. Uno scambio continuo che ne aumenta l’integrazione e che … allarga le vedute.