Esistono i fagioli dall’occhio

Per capodanno avremo sicuramente mangiato le lenticchie come tradizionale rituale per augurarci una buona fortuna: più che altro perché dovrebbero attirare il denaro.

Un’usanza che risale agli antichi Romani, quando si usava regalare una borsetta di cuoio piena di lenticchie con l’augurio che si trasformassero in monete sonanti durante l’anno.

Monete o non monete, in ogni caso già allora si conoscevano le ottime proprietà di questo legume, anche come buon sostituto della carne: si trattava quindi comunque di un ottimo regalo.

In Spagna, invece, c’è l’usanza di mangiare 12 acini d’uva, uno per ogni rintocco di campana che suona per la mezzanotte del capodanno. I rintocchi magici sarebbero quelli delle campane dell’orologio che si trova in cima alla “Puerta del Sol” di Madrid. Un chicco d’uva ad ogni rintocco, e solo chi riuscirà a mangiare tutti i chicchi d’uva, a tempo, avrà un anno pieno di fortuna e prosperità.

In altre nazioni pare sia consigliato mangiare genericamente cibi di forma rotonda, come rotonde sono le monete: vanno quindi bene le lenticchie, l’uva, altri frutti come mele, arance, mandarini, ma si estende anche a tutto ciò che è rotondo o che viene presentato in questa forma, come tortini e ciambelle.

E tra le tante tradizioni, usanze, credenze del mondo, sempre legate al capodanno, e alla ricerca di fortuna e abbondanza, ci sono anche i “fagioli dall’occhio”, soprattutto sulle tavole degli americani.

Si tratta di una varietà di fagioli, la cui produzione principale è in Africa (Nigeria), i cui semi presentano una macchiolina nera attorno al punto in cui si attaccano al baccello, tanto da sembrare un occhio.

Alla stregua dei borlotti, i fagioli dall’occhio sono molto ricchi di proteine (allo stato secco ne contengono circa il 23%), ricchi di vitamine tra cui la A, la C e il gruppo B ma anche di minerali come ferro, magnesio, potassio, calcio, zinco e selenio.

Al di là della specifica usanza, il nuovo anno viene accolto un po’ ovunque con fiducia e speranza. Una fase dell’inverno dove pian piano ci si ricarica e si mira già a quel momento della primavera, quando le energie naturali esplodono consegnando frutti in abbondanza, e anche le forze interiori, mentali e spirituali, rivivono un nuovo risveglio.

Buoni frutti a tutti!

C’è l’occhio di bue in versione natalizia

Prendono il nome dalla loro caratteristica forma rotonda che ricorda quella dell’uovo cotto “all’occhio di bue”, e quindi naturalmente dal rotondo occhio del bue.

Si tratta di dolcetti di pasta frolla, appunto rotondi, ripieni di marmellata o di cioccolato.

Si ottengono dalla sovrapposizione di due biscotti, di cui uno forato, con in mezzo una farcitura di marmellata di albicocche (se si vuole veramente ricordare il colore dell’uovo) o qualunque altro gusto a piacere. 

Il delizioso dolcetto è infine completato da una spolverata “a neve” di zucchero a velo.

Tutto ciò riguarda quindi la tradizionale preparazione di questi frollini ripieni ma, prendendo spunto da questi, non è assolutamente anticostituzionale preparare il proprio frollino con forme diverse (sia esternamente, sia per il foro interno) e con “un occhio” più natalizio.

Ecco allora che con un po’ di fantasia, giocando con le forme, si possono ottenere personalissime delizie da offrire ai propri ospiti, o da portare con sé ad una cena tra amici.

Se la fantasia non aiutasse, o anche solo per la comodità di tagliare in modo regolare la sfoglia di pasta frolla, si trovano facilmente in commercio dei “coppapasta” di ogni forma e dimensione. I coppapasta sono appunto degli stampi senza fondo, con un bordo tagliente per la pasta e uno arrotondato per non tagliare anche la mano.

A forma di stella cometa, di albero di Natale, di pupazzo di neve, della faccia barbuta di Babbo Natale, di slitta, di fiocco di neve, etc.

Se poi si è a corto di tempo o si pensa di non avere la pazienza di comporre tutti i singoli biscottini, allora si può preparare un unico grande dolce a forma di biscotto all’occhio di bue: tipo una classica crostata sulla quale sovrapporre un disco di pasta frolla forato con una forma natalizia.

Auguri per un dolce Natale!

Gli occhi a mandorla si sono dovuti adeguare

Ai tempi della Preistoria, nelle pianure dell’Asia Centrale e in Siberia, le popolazioni che vivevano in quei luoghi pianeggianti affrontavano condizioni climatiche a dir poco avverse. L’inverno era nevoso e rigido con forti venti freddi, e l’estate soleggiata, arida e con tempeste di sabbia in zone tipo il deserto della Mongolia.

Insomma, folate di vento o di sabbia, la luce intensa dell’estate o il riflesso dei raggi sulle distese innevate di inverno, gli occhi degli asiatici erano messi veramente a dura prova.

Avrebbero dovuto aspettare per lunghissimo tempo qualche invenzione intelligente per poter proteggere i propri occhi. 

Un mezzo di locomozione avrebbe consentito di migrare pian piano verso luoghi più confortevoli, ma non sapevano ancora come costruire un treno o un aereo, e magari non sapevano neanche che esistessero luoghi più confortevoli dal punto di vista climatico.

Anche solo per l’invenzione degli occhiali da sole avrebbero dovuto aspettare quasi un’eternità.

Al tempo quindi non fu l’uomo/donna a trovare un rimedio protettivo, ma fu l’intelligenza infinita del corpo dell’uomo/donna, il quale cercò di adeguarsi alla situazione modificando la forma dell’occhio.

Una piega della pelle nell’angolo interno dell’occhio (che conferisce la particolare forma a mandorla) che otteneva una palpebra ottimale che fungeva da buon isolante termico, permetteva all’occhio di conservare calore e proteggeva dalla luce, dal vento e dalla sabbia.

Un processo di evoluzione sicuramente durato millenni, come è avvenuto per molte altre caratteristiche corporee (dimensioni e morfologia): le dimensioni della testa, l’altezza e la corporatura, le caratteristiche e colore della pelle, dei capelli e del naso, ecc.

Numerosi studi infatti confermano come le caratteristiche delle popolazioni umane siano state determinate in modo significativo da graduali adattamenti ai fattori ambientali, e in modo particolare alle componenti climatiche.

Il corpo umano è veramente una macchina perfetta, come la natura che lo circonda … è l’uomo che invece ha spesso la presunzione di saperne di più.

Peccato!

Gli scienziati studiano, sperimentano, verificano, e solo poi, hanno ragione

Galileo Galilei sostenne che «Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono.»

Sarà per questo che costruì il cannocchiale? Questo fù sicuramente uno strumento che gli consentì di proporre nuove “visioni” della realtà: pensate che solo così potè sostenere che la superficie della Luna non fosse affatto liscia e levigata bensì ruvida e rocciosa. Chissà se Galileo si immaginava che l’uomo ci sarebbe andato su quella Luna.

E’ notizia di pochi giorni fa che in Italia è stata impiantata una retina artificiale ad un uomo di 70 anni, che consente di tornare a vedere parzialmente la luce, a distinguere le forme e percepire il movimento degli oggetti. Non si è ancora arrivati a ridare la vista completa ma è sicuramente un considerevole passo in quella direzione: come aver scoperto oggi che la “Luna non è liscia” ed essere fiduciosi negli studi che continueranno.

E’ ovvio che sarebbe poi anche necessario poter criticare e giudicare ciò che si vede conservando il libero pensare, l’eticità, e il libero arbitrio nel rispetto di tutti, anche se nella storia sappiamo bene che alcune scoperte hanno avuto risvolti negativi quando ad applicarne i concetti si è recato danno a qualcuno o a molti.

Si può credere, e si può non credere

Si può vedere, e si può non voler vedere

Si può cercare, e si può pensare di aver già trovato tutto

Si può seguire il concetto del “Pensiero debole”, e si può pensare che una vita senza ricerche, come sonteneva Socrate, “non è degna per l’uomo di essere vissuta” 

A volte le nuove scoperte fanno paura, la paura del cambiamento, la paura che le fondamenta delle credenze svaniscano, la paura che la terra possa non sorreggerci più anche se la soluzione sarebbe quella di volare.

In ogni caso ….. “E pur si muove!”

Ottobre sta finendo

Scorre velocemente Ottobre, il mese della prevenzione della vista, ma cosa faremo poi dopo il 31 ottobre?

Una volta archiviato anche Halloween, la festa in maschera, e mascherina, quando si porteranno bambine e bambini in costume (ma non più da bagno) di porta in porta per reclamare un dolcetto confezionato e sanificato, ….. cosa faremo per prevenire problemi alla vista e in generale a tutti gli organi del nostro corpo?

Se non ci vediamo bene, e ce ne accorgiamo di sicuro (anche perché è una situazione “sotto i nostri occhi”), allora andiamo di corsa dall’ottico e dall’oculista per cercare di risolvere il problema.

E questo è un comportamento che sostanzialmente si adotta (anche se non proprio tutti) per qualunque problematica del nostro corpo: solo quando il sintomo è evidente e non riusciamo più a far finta di niente, ecco che cerchiamo di porvi rimedio.

C’è però un detto che recita: meglio prevenire che curare.

E’ ovvio che è impensabile cercare di prevenire proprio tutto, ma sicuramente è possibile innalzare apposite barriere per limitare il più possibile eventuali danni, e una barriera molto importante è quella costituita dal proprio sistema immunitario.

Aver cura del proprio sistema immunitario è sicuramente molto importante, non solo per gli occhi ma per qualsiasi organo e parte del corpo. Sono innumerevoli le modalità che permettono di rafforzarlo, e ognuno di noi ha sicuramente il suo modo preferito. Si può rafforzare con il cibo, con i comportamenti, con le abitudini, con l’attività fisica, con i sentimenti e con le emozioni, e così via.

Per esempio, sono molte le rilevanze da studi scientifici che attribuiscono all’abbraccio la capacità di migliorare il sistema immunitario. Esiste anche la Giornata Internazionale degli Abbracci Gratis (Free Hugs) a fine giugno, anche se non sarebbe mai il momento di smettere di farlo.

Buona prevenzione …. e … occhio al sistema immunitario!