L’estate è un periodo magico, un momento dell’anno in cui il mondo sembra risplendere di una luce speciale. Le giornate sono più lunghe, il sole più caldo, e c’è un senso di leggerezza nell’aria che invita all’avventura e alla scoperta. Non è sorprendente, quindi, che l’estate sia anche il momento ideale per nuovi incontri e, per molti, l’occasione perfetta per sperimentare l’emozione dell’amore a prima vista.
Durante l’estate, si è più propensi a socializzare, a uscire dalla nostra zona di comfort e a esplorare nuovi luoghi. Le spiagge affollate, i festival, le serate all’aperto e le vacanze creano innumerevoli opportunità per incontrare nuove persone. In questi momenti, il senso della vista gioca un ruolo cruciale. È il primo contatto visivo che spesso innesca la scintilla dell’attrazione.
L’amore a prima vista, come suggerisce il termine, è un’esperienza visiva. È quell’istante magico in cui gli occhi si incontrano e, in un battito di ciglia, nasce un legame profondo e inspiegabile. Gli psicologi sostengono che il nostro cervello è programmato per riconoscere e rispondere ai segnali visivi dell’attrazione in pochi secondi. Un sorriso, uno sguardo intenso, o anche solo un gesto possono comunicare più di mille parole.
Che poi si tratti di un caso o del destino, ognuno di noi può dire la sua su questo argomento. La poetessa polacca Wisława Szymborska (Premio Nobel per la letteratura nel 1996, tra l’altro nata proprio ad inizio estate 2/7/1923) dice la sua con una poesia il cui titolo è proprio “Amore a prima vista”:
Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
È bella una tale certezza
ma l’incertezza è più bella.
Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da molto tempo potevano incrociarsi?
Vorrei chiedere loro
se non ricordano –
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno « scusi » nella ressa?
un « ha sbagliato numero » nella cornetta?
– ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso giocava con loro.
Non ancora pronto del tutto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
tagliava loro la strada
e soffocando una risata
con un salto si scansava.
Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volò via
da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, forse già la palla
tra i cespugli dell’infanzia?
Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava su un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.
Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.